Il Progetto di recupero
Nel corso della riqualificazione della Reggia, che ogni anno richiama più di 15.000 visitatori, si è deciso di riportare alla luce il “giardino segreto”. Durante l’opera di pulizia e sistemazione di tale area, avvenuta nell’inverno del 2012, sono stati ritrovati due antichi filari di vite, maritati a tutori vivi e pali di legno, già ben visibili anche su foto aeree risalenti al 1944. Anche da qui l’interesse a recuperare e preservare tale testimonianza vivente. Grazie all’aiuto di numerosi volontari, guidati dal supporto tecnico di esperti, si è intrapreso il lavoro di recupero delle antiche cultivar di viti del territorio rivaltese che prosegue ancora oggi.
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Il Lambrusco di Corbelli o di Rivalta, un vitigno ritrovato
Da un antico studio del 1891 condotto dal Dott. Augusto Pizzi, allo scopo di studiare e valutare 113 vitigni coltivati in provincia, emerge la presenza di un vitigno denominato “Lambrusco di Rivalta” il cui nome è legato all’omonima zona di diffusione (“Diagramma indicante il titolo zuccherino e l’acidità di mosti d’uve della provincia di Reggio Emilia”. Tratto da Bellocchi U. (1982) “Reggio Emilia la provincia ‘Lambrusca’”, Editrice Tecnostampa, RE).
Negli anni successivi emergono altre testimonianze su tale vitigno, come quella di Salvatore Mondini, 1899 (Produzione e commercio del vino in Italia. Milano) e del Prof. G. Molon, 1905, nel suo trattato di Ampelografia, edito dalla Hoepli. Successivamente Carlo Casali (1915) identifica il Lambrusco di Corbelli – in dialetto “Lambrósca éd Corbèlli” – con il Lambrusco di Rivalta e col Lambrusco Fiorentino (“I nomi delle piante nel dialetto reggiano”, Atti del Consorzio Agricolo di Reggio E.).
Franceschini e Premuda nel 1922 e Fornaciari Pietro nel 1924, avvalorano tale sinonimia e localizzano in quegli anni il Lambrusco di Corbelli nella zona di Rivalta, dove sembra fosse coltivato in maniera quasi esclusiva. A conferma di ciò, gli anziani viticoltori di Rivalta di Reggio E. (e frazioni vicine) testimoniano le vaste estensioni coltivate a “Lambrusco di Corbelli” nella prima metà del XX secolo.
Successivamente, purtroppo, si assiste a un forte calo della superficie coltivata, fino a ridursi ai pochi ceppi presenti in alcuni vigneti della zona e lì conservati gelosamente. Dalle informazioni rinvenute, il vitigno era tradizionalmente usato per la produzione di vini da pasto non molto colorati; è un vitigno rustico, mostra una produttività buona e costante (non ha problemi di allegagione), predilige suoli e climi pedecollinari e collinari e matura dopo la metà di settembre.
Tale vitigno sembra sia stato trapiantato e diffuso, nel XIX secolo, dai Conti Ferrari Corbelli in Rivalta, frazione di Reggio Emilia, da cui deriva il nome (Tratto da il filugello, 1979: “Sulla via del lambrusco. Ricerche sulle antiche origini del nostro vino il lambrusco ed il collegamento con le aree nobili”. Di Gianfranco Dott. Losi).
In questa zona, il Lambrusco di Corbelli è stato spesso ritrovato e coltivato insieme a un altro vitigno autoctono denominato Lambrusco Barghi o Bardi. Questo ha dato adito a una fondamentale incertezza a quale dei due vitigni fosse tradizionalmente riferito il nome di “Lambrusco di Rivalta”, incertezza acuita dal fatto che la descrizione delle foglie e dei grappoli proposta dal Molon ai primi del ‘900 non collima interamente con nessuna delle due varietà in questione.
Occorre allora affidarsi a ciò che ci tramandano i viticoltori della zona, secondo i quali il “Lambrusco di Corbelli” sarebbe da considerare il vero “Lambrusco di Rivalta”, mentre il Lambrusco Barghi, sebbene presente in zona, fosse meno importante e al contrario maggiormente coltivato nella zona di Albinea.
Il Consorzio per la tutela e la promozione dei vini DOP “Reggiano” e “Colli di Scandiano e di Canossa”, nella figura del Dott. Meglioraldi Stefano, ha nel frattempo indagato entrambe le varietà, sia da un punto di vista ampelografico (aspetto di foglie, grappoli, apici), che geneticamente. Il fortunato rinvenimento di 3 piantine di “Corbelli”, nel podere-collezione di Gaddi Luciano, ha infatti permesso di ben distinguere questa varietà dal Lambrusco Barghi (recentemente inscritto nella DOP).
L’analisi genetica condotta in collaborazione col Centro Nazionale Ricerche nella figura della Prof.ssa Anna Schnaider (“Conoscere il patrimonio viticolo per tutelarlo”. Inf. Agr 23) ha evidenziato l’unicità del “Lambrusco di Corbelli” che risulta essere un vitigno diverso da quelli, nazionali e internazionali, a tutt’oggi analizzati (e sono molti), e diverso dal Lambrusco Barghi. Per questo motivo sembra essere un vitigno originale, autoctono del reggiano.
È quindi molto probabile che il vitigno ritrovato nel podere di Gaddi Luciano sia il vero “Lambrusco di Rivalta”. Nel frattempo il vitigno è oggi salvaguardato grazie all’opera dei volontari rivaltesi e dall’intervento del Consorzio di tutela e promozione vini DOP e del Consorzio Fitosanitario Provinciale. Nuove informazioni sono attese dalle future vinificazioni delle uve coltivate nel podere Gaddi e nella Reggia di Rivalta, dove le piante sono amorevolmente curate.
Dott. Meglioraldi Stefano
Agronomo specializzato in Scienze Viticole ed Enologiche